La Raccapricciante Villa Fantasma degli Orrendi Orrori[Prologo/Incompiuta]

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    La Raccapricciante Villa Fantasma degli Orrendi Orrori



    !Attenzione!: Questo è il prologo di una roundrobin che Tayr ed io pubblicammo il 28/03/2011, nell'account di Tayr.
    Il capitolo sarebbe dovuto comunque essere cancellato per poi essere ripostato nel nostro account comune alla pubblicazione del secondo capitolo; tuttavia, sono passati più di tre anni.
    Il capitolo è stato ripostato qui ma non escludiamo l'idea di poter proseguire la storia dopo averla rimaneggiata. In tal caso, il prologo sarà ovviamente ripostato su EFP.
    Ringrazio davvero tutti coloro che aggiunsero la storia ad una lista e/o recensirono o anche solo lessero. Grazie! ^^
    E scusate per questo inconveniente.


    Rating: Giallo
    Genere: Comico, Horror, Romantico
    Note: Het, Shonen-ai, AU
    [Capitolo scritto da Soe Mame; prima scena rielaborata da Tayr Soranance Eyes]

    (Tayr Soranance Eyes e Soe Mame In Malefica Collaborazione, presentano...)
    Ingranattura, provincia di Ingranafatturaggio.
    Sì, avete letto bene.
    Ordunque. E' qui che inizia la nostra storia (Per la verità comincia nel fresco Kaibastudio munito di Kaibapoltrona, ma questo è un dettaglio insignificante.) in un cupo paesetto in cui, una sera sì e l'altra pure, fa la sua apparizione il mistico Uccello di fuoco, il quale si premura di arrostire simpaticamente chiunque gli capiti a tiro. L'imbattibile Seto Kaiba, con al seguito suo fratello, uno stuolo di valigie e sette imbucati (Leggasi: lo Yuugi Fan Club in vacanza ^ _ ^!) partiranno per eseguire delle indagini, e nel frattempo, concedersi un po' di pace nella graziosa Raccapricciante Villa Fantasma Degli Orrendi Orrori (Chiunque voglia tentare il suicidio, può provare a dirlo ad alta voce **.) che però nasconde parecchi segreti... segreti abbronzati, segreti d'oro massiccio, segreti ectoplasmatici... in fin dei conti, non possono mancare le guess star!



    Ingranaprologo




    Tornò alla pagina principale e digitò altre parole.
    Fino a quel momento, nessuna ricerca aveva dato alcun risultato soddisfacente.
    E, no, non stava cercando un sistema per uccidere con lo sguardo - come se ne avesse bisogno! - né le istruzioni per costruire un shuttle con solo arance e monetine da 50 cent. Ben altro bolliva in pentola... Paura, eh?
    Seto Kaiba non aveva idea di quanto tempo fosse trascorso dal momento in cui si era seduto sulla sua poltrona da direttore e aveva acceso il suo fidato computer, e neanche, sinceramente, gli importava.
    Non si sarebbe mosso da quella soffice superficie - Anche perché la giacca ci si era incollata, dopo tante ore così... - né avrebbe distolto gli occhi da quello schermo finché non fosse riuscito a trovare anche solo un minuscolo indizio.
    Era così concentrato che neanche si curò del fastidioso riflesso del sole sul computer, i raggi del tramonto che filtravano attraverso la grande vetrata alle sue spalle per rendere lo schermo praticamente uno specchio; Seto, dunque, non faceva altro che vedere frasi a caso, totalmente inutili e irritanti, all'interno dei suoi stessi occhi glaciali.
    Per carità, era così bello che, obiettivamente, avere continuamente sotto gli occhi il proprio riflesso non era affatto una cosa malvagia.
    Ma questo non è proprio il momento per autoincensarmi!
    Come se già l'oggetto della sua ricerca non fosse estremamente ridicolo.
    Se solo non fosse giunto all'esasperazione - qualcosa capace di portare Seto Kaiba all'esasperazione, vi rendete conto...? Avete una qualche remota idea di cosa ciò significhi, eh?! -, non si sarebbe mai neppure sognato di cercare una cosa così stupida.
    Si sarebbe volentieri risparmiato siti e siti di videogiochi, nerd, mitologie e quinti libri di Harry Potter, insieme ai vari deliri di pseudosensitivi e allucinazioni collettive; soprattutto, si sarebbe volentieri risparmiato tutte quelle ore al computer, che sarebbero sicuramente state meglio investite in qualsiasi altro modo, come intentare processi giudiziari a caso, guardare la vernice che si asciuga, dirottare vari milioni dal conto in banca del Presidente Statunitense al suo, o trovare nuove idee per nuove produzioni da parte della sua azienda, possibilmente astruse e, ancora meglio, dal costo esorbitante.
    La conquista del mondo non rientrava tra i suoi progetti semplicemente perché l'aveva implicitamente già conquistato da tempo.
    A ben pensarci, anche friggere le formiche con la lente d'ingrandimento sarebbe stata cosa gradita, a questo punto.
    Fenice
    Ovviamente, Seto aveva prima sventrato ogni singolo sito ben più razionale di GliAlieniEsistonoESonoTraNoi, sperando di trovare una spiegazione oggettiva e concreta di tutto ciò che stava succedendo.
    I risultati che apparvero dopo aver premuto Invio furono ben poco incoraggianti: "Wikipedia: Fenice", "Wikipedia: Phoenix", "Wikipedia: Phoenix Wright", "Wikipedia: Teatro La Fenice", "Wikipedia: Popolo fenicio", "Wikipedia: Alfabeto fenicio", "Wikipedia: Usi e costumi degli antichi Fenici"..
    Wikipedia, si disse il ragazzo, riducendo gli occhi a due fessure Sei appena entrata ufficialmente nella mia Black List..
    Con un gesto brusco, tornò alla pagina principale di Kaigle - il motore di ricerca più potente del mondo, che aveva surclassato persino quella mezza seg- OPS! Pardon, calzetta di Google - e cliccò sulla speciale opzione "Elimina voci di ricerca", selezionando la voce "Wikipedia".
    Wikipedia era uno dei pochi suoi ostacoli per considerarsi il vero padrone del mondo; lei e YouPorn avevano dei pericolosi seguaci che minavano la sua autorità.
    C'era anche da dire che, comunque, YouPorn aveva pure la sua ragion d'essere.
    Wikipedia era irritante e basta.
    Riprovò e, finalmente, la voce "Wikipedia" non apparve più.
    "MitologieDiOgniLuogo: Fenice", "KaigleMaps: Phoenix", "GuidaAiVideogiochi: Phoenix Wright", "TeatriDalMondo: Teatro La Fenice", "StoriaAnticaDelMediterraneo: Popolo fenicio", "StoriaDell'AlfabetoOccidentale: Alfabeto fenicio", "StoriaECultura: Usi e costumi degli antichi Fenici"...
    ...
    Tornò alla pagina principale e digitò altre parole, sempre premurandosi di far svanire la sua terribile rivale.
    Recenti apparizioni di fenice
    "i 100 video più recenti", "recenti studi hanno confermato che", "recenti scavi archeologici", "apparizioni religiose", "apparizioni ecloplasmatiche", "apparizioni di tarme mutanti nei mobili di acciaio inossidabile", "Isabella Swan viene da Phoenix", "le donne fenice", "la fenice del preside di Hogwarts", "possiamo considerare la fenice un tacchino punk?", "1000 nuovi modi di cucinare il tonno alla salsa di salmone", "dove trovo i pantaloni rosa fashion di Dolce&Gabbana?", "recenti studi hanno dimostrato che la fenice è un tacchino punk"...
    ...
    Tutto ciò era abbastanza ridicolo.
    - Nii-sama? -.
    Una voce distrasse Seto dal suo ricordare tutti i 10.000 modi per mantenere la calma di fronte alle idiozie di Internet - altrimenti, era garantito al 250% che avrebbe sventrato prima il PC, poi Jimmy Wales. A mani nude.
    Alzò lo sguardo, ritrovandosi di fronte il suo fratellino, Mokuba, il viso agitato.
    - E' da stamattina all'alba che sei su quel computer, bevendo solo caffé... - gli ricordò, preoccupato: - Non sarebbe il caso di staccarsi per un po'? -.
    - Non posso, Mokuba. - rispose il maggiore, freddamente: - Finché non sarò riuscito a trovare ciò che cerco, non ho alcuna intenzione di uscire da questa stanza. -.
    E il problema della giacca appiccicata alla poltrona persisteva, fra l'altro. Dirlo al fratellino non sarebbe stato molto decoroso, però.
    - Ma, prima che tu esca, farò in tempo a crescere, sposarmi e dare degli eredi alla Kaiba Corporation! - protestò il più piccolo, sgranando gli occhi: - Lo sai che bisognerebbe stare al computer solo mezz'ora e fare pause da un'ora! - gli ricordò.
    - E' una questione importante. - insistette Seto, ritornando con gli occhi ormai stanchi sullo schermo e digitando altre parole: - Se non riuscissi a trovare la risposta alla mia domanda, non sarei più in grado neppure di dirigere l'azienda. - confessò, gravemente.
    Mokuba trasalì, non aspettandosi affatto quella risposta.
    - Dunque, ti chiedo di lasciarmi alla mia ricerca. - riprese Seto, incenerendo con lo sguardo la voce: "La fenice è la gallina che fa le uova d'oro?".
    Il ragazzino dai lunghi, spettinati capelli corvini annuì, abbassando gli occhi e arrendendosi alla volontà del presidente della Kaiba Corporation: - Però... - mormorò, rialzando lo sguardo: - ... dovresti mangiare qualcos'altro, al di fuori del caffé... - osservò, guardando la torre di tazzine di caffé impilate l'una sull'altra alta all'incirca due metri e mezzo posata sulla scrivania, vicino al vaso con pianta in cui versare le bevande probabilmente avvelenate che venivano offerte al giovane presidente da altre persone che non fossero suo fratello.
    - Lo sai che il caffé fa diventare iperattivi... - aggiunse Mokuba; notando che Seto che non si curava affatto delle sue parole, il più piccolo si limitò a scuotere la testa e ad uscire dalla stanza.
    La voce di Seto, sorprendentemente, aggiunse: - Saprai anche che il sale trasforma in caffé in un veleno, allora. E' bene fare attenzione a non scambiare i contenitori del sale e dello zucchero, soprattutto quando si serve il caffé. Chissà quanti incidenti potrebbero capitare... - sorrise, maligno - Se non vado errato, Isono tieni zucchero e sale di scorta, nel suo ufficio. Ora, sparisci. -
    Che fratellone sarebbe stato, se non avesse insegnato questi trucchi del mestiere al minore?
    Mokua s'illuminò. - Grazie, nii-sama! - E scappò.
    A quel punto, Seto non era più eccessivamente sicuro che Isono sarebbe arrivato vivo al giorno dopo. Ma pur di starsene un po' in pace...
    Tanto per rendersi partecipe del suo turbamento emotivo, la torretta di tazzine di caffè precipitò. Il ragazzo dallo sguardo di ghiaccio, del tutto incurante della nuova, prestigiosa moquet interamente a base di cocci e residui di caffé, tornò a concentrarsi pienamente sul suo computer, iniziando a cliccare sulle pagine successive.
    Quando la luna fu alta nel cielo ormai nero, quando Seto fu giunto a pagina 999.999, lo sguardo arrossato del giovane presidente della Kaiba Corporation cadde su un link: "Recente apparizione della misteriosa fenice ad Ingranattura".
    E la data dell'articolo risaliva a due giorni prima.
    Come attirato da una forza arcana ed invisibile - disperazione, probabilmente -, Seto vi cliccò sopra.
    La pagina era alquanto anonima, il carattere molto semplice, nero su bianco, il testo estremamente breve.

    "RECENTE APPARIZIONE DELLA MISTERIOSA FENICE AD INGRANATTURA
    Il paese ancora scosso dall'ennesima apparizione dell'uccello di fuoco

    Torna a mostrarsi il grande uccello di fuoco che, da un anno a questa parte, fa la sua apparizione nei cieli di Ingranattura, piccolo paesino di circa mille abitanti in provincia di Ingranafatturaggio, sopra la ormai celebre villa disabitata in cui, negli ultimi tempi, sono stati ritrovati diversi cadaveri.
    La sua ultima apparizione, prima di quella di ieri, risale a circa due mesi fa; l'uccello di fuoco, ribattezzato "Fenice" dagli abitanti di Ingranattura, non appare ad intervalli regolari, rendendo difficile prevedere la sua prossima manifestazione.

    E' purtroppo impossibile reperire immagini dell'uccello di fuoco, in quanto qualsiasi videocamera o macchina fotografica che cerchi di immortalarlo riscontra la fusione della pellicola o del rullino.
    In effetti, anche il fatto che nessuno riesca ad avvicinarsi senza finire carbonizzato potrebbe essere annoverato fra le cause. Potrebbe."

    "... Ingranattura?" si chiese Seto, perplesso: "Ma è in Giappone?".
    Salvò il testo del minuscolo articolo, per poi verificare l'ubicazione di quel paese dal nome ridicolo su KaigleMaps: a quanto sembrava, Ingranattura era effettivamente in Giappone. Di per sè, era già abbastanza sorprendente soltanto che esistesse un posto con un nome così idiota. E Seto odiava le cose idiote.
    Cercando su Kaigle qualsiasi informazione su Ingranattura, Seto scoprì che quel paese non aveva alcun sito ufficiale; recandosi sulla pagina principale della provincia di Ingranafattuggio - "Ma che 'azz-razza di nomi...?" -, il giovane presidente scoprì che Ingranattura era un paese in cima ad una montagna, isolato dal mondo e totalmente sprovvisto di mezzi più tecnologici di un orologio a pendolo.
    Un paese tranquillo di cui non sarebbe importato nulla a nessuno - tantomeno a Seto - se non fosse per tre principali fatti.
    Il primo era, ovviamente, l'uccello di fuoco.
    Ma, a parte ripetere quanto già scritto nell'articolo, il sito di Ingranafatturaggio non aggiungeva nulla di nuovo.
    Il secondo era il ritrovamento di diversi cadaveri nella villa abbandonata.
    Tutti morti di morte violenta, a quanto sembrava, e dunque vittime non di una malattia né di suicidio: in quella villa, c'erano stati degli omicidi.
    Che avessero scoperto di trovarsi in un posto chiamato Ingranattura, in provincia di Ingranafatturaggio, e fossero morti per l'orrore di cotanta idiozia?
    La cosa sarebbe stata plausibilissima, in fondo.
    Il terzo era, come ormai previsto, la villa.
    La villa di Ingranattura sarebbe stata un'ottima attrazione turistica, tra apparizioni di uccelli di fuoco e omicidi vari ma, a quanto sembrava, nessuno osava passare oltre il cancello che delimitava il perimetro del giardino: chiunque l'avesse fatto, era morto. O impazzito, nel migliore dei casi. Quand'era così, veniva anche da chiedersi come diavolo li avessero tirati fuori, i cadaveri, senza che tutto un battaglione della polizia venisse sterminato. ... Ma ci sarà, la polizia? ... E gli orologi a cucù?!
    La paura che esercitava quella villa era talmente forte che non sarebbe stata neppure una buona attrazione turistica.
    Osservando più attentamente la microscopica sezione dedicata ad Ingranattura, Seto notò il quadro di un pittore che aveva visto il fantomatico uccello di fuoco, ritraendolo su una tela.
    A quella visione, Seto sussultò.
    L'aveva trovato, finalmente.
    Non c'erano dubbi, era la fenice che cercava.
    Una massa infuocata dalla forma di uccello.
    Be', come tutte le fenici, a dire il vero.
    Sembrava, infatti, il classico disegno di una fenice, come tutti quelli che gli erano comparsi su KaigleImmagini.
    Ma quel dipinto aveva qualcosa di diverso...
    (Ci starebbe bene un bel coro di "Ooooh" qui. Per creare un po' di suspence, sapete.)
    Istintivamente, Seto afferrò la cornetta del telefono che aveva accanto e digitò il numero del comune di Ingranafatturaggio.
    Non appena ricevette una risposta e una volta presentatosi, Seto si limitò a dire: - Vi ho telefonato per comprare la villa di Ingranattura. -. Più tardi, si sarebbe lavato la lingua col sapone.




    Quel giorno, così come per i circa dieci precedenti, l'estate si premurava di far notare la sua presenza a tutti coloro che erano rimasti in città.
    L'astro di fuoco brillava nel cielo terso, di un azzurro quasi accecante, gli edifici che, alla vista, sembravano quasi distorti per il calore; le persone che avevano la splendida idea di andare per strada, dopo pochi minuti, si precipitavano in un'oasi spuntata fuori dall'asfalto, o ammiravano la migrazione delle fette biscottate che si libravano nell'aria bollente, tostandosi ancor meglio.
    Per far fronte a quell'ondata di caldo, i poveri abitanti avevano svuotato i loro frigoriferi, rinchiudendosi al loro interno; i più temerari avevano anche imparato l'arte del contorsionismo per incastrarsi nei surgelatori.
    Ovviamente, i supermercati erano stati ben presto assaltati da una folla folle, che si era tuffata nel reparto surgelati, per poi sistemarsi per bene, allineata e impilata al posto dei pesci e dei cibi preconfezionati; di conseguenza, i supermercati, giunti al limite della loro capienza, erano ormai protetti da poliziotti in mutande, che allontanavano con idranti al the bollente chiunque tentasse di avvicinarsi.
    E' in questo scenario che Katsuya Jonouchi non trovò altro modo di impiegare il suo tempo che facendo una passeggiata.
    Abbigliato con soltanto un costume da bagno scuro, una bandana sui capelli biondi e delle racchette ai piedi per camminare su quello strato di poltiglia grigia che era l'asfalto, Jonouchi arrancò per le vie deserte della città, gli occhi castani quasi spiritati, senza avere neppure la forza di chiedersi per quale astruso motivo fosse in strada anziché dentro casa - ugualmente calda, ma senza il sole sparato in faccia.
    Forse, senza rendersene conto, era diventato uno zombie.
    Forse, senza rendersene conto, era diventato una fetta biscottata.
    Jonouchi non lo sapeva e neppure se lo chiese.
    C'era solo un pensiero nella sua testa colma di nulla: faceva caldo.
    Alzando a fatica lo sguardo, il ragazzo notò una gigantesca conchiglia bianca emergere dal mare plumbeo del terreno, per poi aprirsi e rivelare una procace sirena dai lunghi capelli viola e lo sguardo ammaliante; accanto a lei, vi era un uomo di forma rotonda, con una parrucca bionda a boccoli e una ghirlanda di fiori al collo che, brandendo una strana bottiglia azzurra, cantava: - Bevi Acquarius! Bevi Acquarius! -.
    Senza emettere alcun suono, Jonouchi alzò un sopracciglio con espressione ebete, fissando sempre più intensamente la bottiglia azzurra.
    - Bevo Acquarius... Bevo Acquarius... - ripeté, ipnotizzato, avvicinandosi più velocemente che poteva - ossia a circa un metro all'ora -, tendendo le mani verso la bottiglia.
    Improvvisamente, la conchiglia, la sirena e la palla boccolata svanirono, portandosi via la bottiglia azzurra.
    - No... - sussurrò Jonouchi che, se avesse avuto la forza di esserlo, sarebbe rimasto sconvolto.
    Non c'era più nessuno ad aiutarlo, in quel momento.
    Così, il ragazzo tornò a vagare.
    Vagò.
    Vagò.
    Arrancò.
    Arrancò.
    E morì.
    No, non è vero, ma ci siamo vicini.
    - E' tardi! - esclamò improvvisamente una voce, facendo sobbalz- ehm, alzare un minimo il livello di attenzione di Jonouchi.
    Guardandosi lentamente - molto lentamente - intorno, il ragazzo notò un coraggioso uomo rischiare la vita indossando un vestito giacca e cravatta, che correva nella sua direzione tenendo in mano un orologio da taschino.
    Non appena l'uomo in giacca e cravatta si accorse di Jonouchi, gli rivolse il suo sguardo coperto dagli occhiali da sole e gli disse: - Il sommo Seto Kaiba ha bisogno di un aereo rigorosamente KaibAirline per il suo viaggio in montagna! -.
    Dopo queste parole, tornò a correre, continuando a ripetere incessantemente la frase: - E' tardi! E' tardi! -.
    Jonouchi avrebbe alzato un sopracciglio con fare perplesso ma, dato che aveva ancora il sopracciglio alzato da prima, si accontentò di quello, risparmiando sulla fatica e sull'elettricità (?), riducendo le emissioni tossiche nell'aria e salvando il buco nell'ozono.
    - Ma chi te l'ha chiesto? - biascicò, mentre le parole di quell'uomo continuavano a rimbombargli nella testa nebbiosa come una lontana eco.
    Seto Kaiba aiba aiba iba iba ba ba a a
    Montagna tagna tagna agna agna gna gna na na a a
    Viaggio aggio aggio ggio ggio io io o o
    KaibAirline line line ine ine n n
    Montagna tagna tagna agna agna gna gna na na a a
    Viaggio aggio aggio ggio ggio io io o o
    Bevi Acquarius arius arius rius rius ius ius us us s s
    Fu in quel momento che due neuroni di Jonouchi vennero per sbaglio a contatto e un pensiero prese lentamente forma.
    - Seto Kaiba... viaggio... in montagna... - ripeté, piano: - Ma la montagna... è... fresca? -.
    I suoi occhi si spalancarono di colpo, il ragazzo si sentì totalmente rivitalizzato e, conscio del suo nuovo ruolo di salvatore dell'umanità intera, si liberò delle racchette per poi tuffarsi nell'asfalto e raggiungere casa sua con larghe bracciate.

    I sei ragazzi rimasero in silenzio, fissando Jonouchi con occhi sgranati, increduli.
    - S-stai scherzando... - riuscì a balbettare Anzu, quasi slogandosi i polsi per l'intensità con cui si stava sventolando con grossi ventagli colorati, i capelli castani costretti in due trecce malfatte che svolazzavano sulle sue spalle in preda al ciclone ventagliesco.
    - Sono serio, invece. - ridacchiò il ragazzo biondo, soddisfatto della reazione ottenuta.
    La prima cosa che aveva fatto appena giunto a casa - a parte salvare sua sorella minore, Shizuka, infagottatasi di turbanti in seguito alla visione di un documentario sui tuareg e quindi mezza morta di caldo -, era stato telefonare a tutta la combriccola con cui sembrava da tempo vivere in simbiosi e letteralmente costringerla a recarsi al "Bar Grande Afa" per essere salvata dall'ondata rovente che aveva colpito la città; in realtà, Jonouchi si era semplicemente limitato a dire ai suoi amici di andare e loro, completamente intontiti dal caldo, avevano meccanicamente obbedito.
    La seconda cosa che aveva fatto, data l'accondiscendenza dimostrata, era stato meditare di trasformare tutti loro in schiavi per sempre ai suoi ordini ma era conscio del fatto che, passato il caldo, sarebbe probabilmente stato da loro percosso in maniera molto brutale.
    Così, seduti in cerchio intorno ad un tavolo quadrato, Shizuka - portata lì di peso da suo fratello -, Yugi, Anzu, Honda, Otogi e Ryou ascoltavano le incredibili scoperte di Jonouchi.
    - Dunque... - cercò di ricapitolare Honda, i piedi in una tinozza piena di ghiaccio ormai del tutto sciolto, faticando anche solo a formulare un pensiero: - ... Seto sta per andare in montagna, al fresco? -.
    - Esattamente. - confermò il ragazzo biondo, mettendo le braccia conserte.
    - Beato lui... - gemette Otogi, i ribelli capelli neri incastrati in una cuffia da doccia fucsia psichedelico con sopra disegnati tanti dadi brillantinati, completamente riverso sul tavolo.
    - Per curiosità... - intervenne Ryou, alzando le sopracciglia albine: - ... ma a noi, che ci importa? -.
    Jonouchi trasalì.
    Non aveva calcolato questo particolare...
    - ... ma non è ovvio? - chiese, sperando che fosse talmente ovvio da non doversi sforzare di pensare ad una motivazione valida.
    I suoi sei interlocutori fecero lentamente di no con la testa.
    A quanto sembrava, non era poi così ovvio.
    "Dannazione!" imprecò Jonouchi, in difficoltà: "Sono sicuro che questa sia un'informazione in grado di salvarci tutti, ma non riesco bene a capire come...".
    - Oh, insomma! - protestò: - Come può non importarvi il fatto che Seto se ne vada in montagna, al fresco? - domandò.
    - Perché Seto è il nostro adorato compagno di classe che non vediamo mai a scuola in quanto già in possesso di circa dodici lauree a soli sedici anni, a capo di uno dei più grandi imperi finanziari del mondo e che, per questo motivo, ci tratta come esseri inferiori? - provò a ricordargli Anzu, con un sospiro esasperato.
    - Questa informazione serve solo ad aumentare la nostra invidia per lui e ad accrescere la nostra frustrazione. - concordò Honda, annuendo da solo alle sue parole.
    - Su, non parlate male di Seto... - cercò di intervenire Yugi, salvo poi rendersi conto di non avere neppure un modo per difendere il loro compagno di classe.
    Forse perché i suoi pensieri, oltre che dal caldo, erano bloccati anche dal fatto di avere la testa completamente incelophanata, nella speranza di riportare alla vita i suoi capelli biondograno-neroonice-rossoporpora naturalmente punk e, con quel clima torrido, diventati emo e dunque lasciatisi andare alla forza di gravità: Yugi non poteva permettere che qualcuno lo vedesse con i capelli non sparati verso l'alto come in seguito ad una tempesta di petardi.
    Di fronte a quelle frasi, Jonouchi si morse un labbro: l'idea che gli era venuta era geniale, ma non aveva idea di che idea fosse.
    - Ma guardatevi! - li esortò, indicandoli con un gesto della mano: - Guardate in che condizioni siamo ridotti! -.
    I sei ragazzi si guardarono.
    Come il ragazzo biondo, indossavano soltanto un costume da bagno, le ragazze portavano degli striminziti bikini.
    L'unico a risentire in maniera minore di quel caldo era Ryou che, completamente bianco, dalla pelle ai capelli cotonati, rifletteva la luce; tutti gli altri, erano praticamente anestetizzati, tanto che Honda, Otogi, Anzu e lo stesso Jonouchi neanche si curavano del fatto di avere gli spigoli del tavolo conficcati nello stomaco.
    Ecco il risultato del sedersi in cerchio intorno ad un tavolo quadrato.
    - Nii-chan... - mormorò Shizuka, titubante, i lunghi capelli castani issati in cima alla testa e legati in una crocchia disordinata: - ... cosa stai cercando di dirci? - domandò, preoccupata.
    Jonouchi rimase in silenzio, il volto serio come i suoi amici non lo avevano mai visto.
    Poi parlò.
    - E' molto semplice... - disse, lentamente.
    Il suo sorriso si allargò e il ragazzo saltò sul tavolo, quasi facendo cadere l'acqua alla vaniglia nel bicchiere di Shizuka - un gelato portatole circa due minuti prima - ma finendo per usare Otogi riverso come tappeto.
    - Seto dovrà rifarsi di tutte le offese che ci ha arrecato! - esclamò, deciso, il fuoco della determinazione che ardeva in lui, tanto che, unito al caldo, diede direttamente fuoco ad un tavolo vicino e alla punta dei castani capelli a becco di picchio di Honda.
    - Non possiamo permettere che lui se ne vada al fresco mentre noi agonizziamo al caldo! - continuò, completamente preso dal suo discorso.
    - E quindi? - domandarono Anzu e Shizuka, perplesse.
    - Forse ho capito! - intuì Yugi, i grandissimi occhi viola improvvisamente sgranati: - Ci stai suggerendo di seguirl- -
    - Lo rapiremo, lo tortureremo e gli impediremo di partire! - concluse Jonouchi, per poi dar sfogo ad una risata da psicopatico che riempì l'intero locale vuoto - salvo loro e qualche cameriera rantolante per terra.
    Silenzio.
    - Che piano geniale... - commentò Anzu, ironica, salendo sul tavolo e assestando una ventagliata sulla testa del ragazzo per far tacere quella risata indemoniata.
    - Nii-chan... - fece Shizuka, imbarazzata: - ... non è il caso di essere così perfidi nei confronti di chi è più fortunato di noi... -.
    - Ma a noi che ci importa? - ripeté Ryou, non riuscendo ancora a capire perché, con tutti i problemi del mondo, stessero parlando di Seto Kaiba che va in montagna.
    - Io avrei un'idea migliore. - saltò su Yugi, arrampicandosi sul tavolo con una certa difficoltà, dato il suo solo metro e mezzo d'altezza.
    Una volta ben sistemato sopra l'ormai pluricalpestato Otogi, il piccolo punk spiegò: - L'informazione di Jonouchi può effettivamente tornarci utile. Che ne dite se provassimo a chiedere a Seto di portarci con lui? -.
    Silenzio.
    - Qualcosa mi dice che Seto non ci accoglierebbe a braccia aperte... - fece notare Anzu, grattandosi la testa con uno dei ventagli: - ... quanto più con un fucile a protoni puntato contro... -
    - ... e se lo seguissimo di nascosto? - propose Jonouchi, lo sguardo improvvisamente esaltato.
    Silenzio.
    - Ci sto! - trillarono Anzu, Yugi, Honda e il tappeto, vedendo improvvisamente apparire la porta d'oro della loro salvezza.
    Oltre ad una conchiglia gigante magicamente emersa dal soffitto che, aprendosi al contrario, rivelò una bellissima sirena dai lunghi capelli viola e un uomo-palla dai plasticati boccoli biondi con una bottiglia azzurra in mano che cantava: - Bevi Acquarius! Bevi Acquarius! -.
    - Ormai è deciso! - affermò Jonouchi, stringendo i pugni e alzandone uno al cielo: - Ci vendicheremo di tutti i torti subiti da Seto seguendolo in montagna! -.
    - Sì! - esultò Anzu: - Una vacanza completamente gratuita in un posto in cui rilassarsi completamente, senza pensare a niente di brutto! -.
    - Un posto fresco... - sussurrò Yugi, la mente già persa tra vette innevate e lande di ghiaccio.
    - Già! - concordò Honda, raggiungendo i tre sopra il corpo di Otogi, ormai mezzo morto; tuttavia, il ragazzo dai capelli a becco di picchio aveva i piedi bagnati e, non appena salì sul tavolo, scivolò e precipitò, aggrappandosi a Jonouchi, a sua volta aggrappatosi ad Anzu, a sua volta appolipatasi a Yugi, che, all'ultimo momento, aveva afferrato un braccio di Otogi, ottenendo di far schiantare sul pavimento tutti e cinque gli occupanti del tavolo.
    Shizuka e Ryou osservavano, impietriti.
    - M-ma... - balbettò la ragazza, timorosa: - ... e se... e se Seto dovesse scoprirci? - domandò, esitante.
    - Non ci scoprirà! - ribatté Jonouchi, intrappolato in una fitta rete di braccia e gambe da cui nessuno sembrava riuscire a districarsi.
    - Ma dovremo pur alloggiare da qualche parte... - gli fece notare Shizuka, avvicinandoglisi e cercando di liberarlo: - E non abbiamo abbastanza soldi per prenotare una stanza, quindi dovremo rivolgerci a Seto... -.
    - Ci mostreremo solo una volta arrivati! - spiegò Anzu, intuendo che il piccolo braccio che la stava soffocando era di Yugi, a sua volta intrappolato tra una braccio della ragazza e uno probabilmente di Honda o Otogi: - Così, Seto non potrà in alcun modo mandarci via, né avrà modo di liberarsi di noi! -.
    - Potrebbe sempre ucciderci... - pigolò Ryou, spaventato, nel frattempo accorso ma limitandosi ad osservare la minuziosa opera di slegaggio di Shizuka.
    - Seto non si sporcherebbe mai i vestiti firmati con sangue plebeo! - sbuffò Jonouchi: - E poi, saremo pur sempre sette contro uno! Nonostante lui sia più alto e fisicamente forte di tutti noi, insieme possiamo vincere! - esclamò, sicuro.
    - Sì! - concordò Anzu: - Perché, finché rimaniamo uniti, noi abbiamo dalla nostra parte la più grande delle forze: l'amicizia! -.
    Silenzio colmo di terrore.
    - E' grazie all'amicizia che riusciremo a sconfiggere quel bruto di Seto Kaiba, che si serve della sola forza fisica e della sola forza economica per- -
    - Io non vengo. -.
    Tutti gli sguardi si spostarono su Ryou.
    - Come sarebbe a dire? - chiesero tutti, in un perfetto coro sincronizzato.
    - Io non ho intenzione di rischiare la vita facendo arrabbiare Seto! - confessò l'albino, terrorizzato: - Piuttosto, rimango qui a sciogliermi come l'asfalto! - decise, mentre oltre la vetrina squagliata del bar si poteva vedere una nave Costa Crociere attraversare la via principale.
    - Anch'io preferirei rimanere qui... - pigolò Shizuka, riuscita a liberare un braccio e una gamba del fratello: - Ryou ha ragione, è troppo pericoloso... -.
    - Ragionate! - esordì Jonouchi: - Cos'è peggio tra un caldo semimortale e Seto Kaiba? -.
    - Seto Kaiba. - risposero Shizuka e Ryou, senza alcuna esitazione.
    Silenzio.
    - D'accordo, pure voi avete ragione... - ammise il ragazzo biondo, per poi tornare di nuovo all'attacco: - Ragionate! -.
    - L'hai già detto, nii-chan... -
    - Oh, scusa... ehm... dicevo. - Jonouchi si schiarì la voce e guardò sua sorella negli occhi color nocciola, lo sguardo scuro colmo di malinconia autoprodotta: - Noi andremo. E nulla potrà fermarci. -.
    Shizuka si portò le mani alle labbra, gli occhi sgranati, sconvolta: - Oh, niichan... è troppo pericoloso... tu... voi non... -.
    - Invece sì, Shizuka. - sussurrò il ragazzo, grave: - Noi andremo in montagna. Lontano da questo caldo. Per poter tornare alla vita. -.
    La ragazza fu sul punto di scoppiare a piangere; Jonouchi riuscì a prenderle una mano: - Vieni con noi, Shizuka. La montagna è un posto migliore in cui vivere felici. - mormorò, la terribile ferita della punta infilzata che spiccava sul suo stomaco.
    - Niichan... - gemette la più piccola, per poi lasciar andare le lacrime: - Oh, niichan, ti prego, non andare! - lo supplicò, gettandosi sul suo corpo, disperata.
    - Non posso fare altrimenti. - disse Jonouchi, triste: - Una forza superiore mi sta chiamando... io non posso più rimanere in questo luogo... -.
    - NIICHAN! - urlò Shizuka, in lacrime: - Non morire, ti prego, ti prego! Non mi hai ancora svelato tutti i trucchi di The Sims 2! - gridò, sconvolta.
    - Avete finito? -.
    Jonouchi e Shizuka guardarono degli alquanto seccati Anzu, Honda e Otogi e degli alquanto perplessi Yugi e Ryou.
    - Non per niente, eh... - protestò Otogi, da sotto la schiena di Jonouchi: - ... ma siamo ancora incastrati e mi state schiacciando! -.
    - ... -.
    - Niichan... - mormorò Shizuka, tornando a guardare suo fratello: - Io ho paura ma... forse hai ragione. Forse... forse dovremmo davvero rischiare la nostra vita seguendo Seto in montagna... -.
    - Ma in montagna ci sono mille pericoli! - osservò Ryou, spaventato: - Potreste finire addosso ad un albero, potreste cadere con gli sci, potreste finire sotto una valanga, potreste essere ammaliati dalla donna delle nevi, potreste scontrarvi con lo Yeti, potreste imbattervi in Seto Kaiba arrabbiato per averlo seguito... -.
    - Anche qui ci sono tanti pericoli! - notò Jonouchi, finalmente libero, indicando il mare di catrame fuori dal bar: - Può essere che, in quell'oceano grigio, si nascondano i temibili Street Sharks, gli squali della strada! -.
    A quelle parole, Ryou rabbrividì.
    - Però... - balbettò, tremando: - ... ciò non toglie che ciò che volete fare è una pessima, pessima idea! - esclamò, con voce strozzata.
    - Ce ne faremo una ragione. - rispose Jonouchi, determinato: - E' il momento di affrontare la paura, Ryou: nonostante si stia parlando di Seto, sono sicuro che andrà tutto bene! -.
    Ryou lo guardò.
    - Continuo a ritenerla una pessima idea. - disse nuovamente, con un tremito.
    - Beh, siamo in sei contro uno! - osservò Anzu, appena liberata da Shizuka: - E tu fai parte di questo gruppo, dunque non puoi opporti alla maggioranza! -.
    - Sì, ma il fatto che faccia parte di questo gruppo non implica che- -
    - Siamo tutti uniti dal grande giuramento dell'amicizia! - lo interruppe la ragazza, decisa: - Abbiamo promesso che saremmo sempre stati insieme, di esserci sempre fedeli, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, di amarci e di onorarci in tutti i giorni della nostra vita, fino a che morte non ci separi! -.
    Ryou sgranò gli occhi: - Ma veramente... -
    - Allora è deciso! - proruppe Jonouchi, tornando sul tavolo, lo sguardo fiero verso il televisore spento del bar: - Si parte per la montagna! -.

    Ormai la decisione era stata presa.
    Una decisione pericolosa, sofferta, ma necessaria.
    Ed era ormai giunto il momento di attuarla.
    Seto sarebbe partito quella sera stessa, per non dover subire quel caldo asfissiante.
    Il gruppo aveva scoperto la data della sua partenza semplicemente perché l'aeroporto cittadino, di proprietà della famiglia Kaiba, era stato temporaneamente chiuso al pubblico e tutti i voli serali erano stati cancellati: la conseguenza di essersi autoaffittato l'intera pista per tutta la sera.
    Questo significava che i sette prodi eroi avevano solo circa otto ore per preparare le valigie.
    Una spietata corsa contro un tempo troppo breve.
    Dato che si stavano intrufolando di nascosto nell'aereo di Seto Kaiba, si era optato per il portare con sé una sola valigia, relativamente leggera.
    Yugi, agevolato dalla sua scarsa statura, aveva solo vestiti formato bambola, il che faceva automaticamente sì che la sua valigia fosse altrettanto piccola e leggera.
    Ciò valse anche per Honda, il più alto del gruppo, che riuscì a fare una valigia piccola e leggera: presto si sarebbe scoperto che il merito era tutto dei sacchi aspira-aria capaci di trasformare una trapunta formato Snorlax in una sottiletta Kraft.
    Otogi, dal canto suo, non aveva una valigia ma una sacca strapiena di vestiti, adornata di tanti dadi colorati, facendolo assomigliare ad un hippie dadomane.
    La valigia di Ryou, invece, sebbene fosse piccola, pesava circa due tonnellate e cinque grammi: semplicemente, il candido Ryou aveva messo un paio di vestiti a caso e quintali di libri dell'occulto, scacciasogni, paletti di frassino, collane d'aglio, proiettili d'argento senza pistola, torce, candele, sale e qualsiasi altra cosa anti creature demoniache potesse esistere.
    - Ryou... - gli aveva detto Yugi, perplesso: - ... stiamo andando in vacanza in montagna, non in una villa maledetta! -.
    - La prudenza non è mai troppa! - aveva risposto il diretto interessato, gli occhi scuri sgranati in uno sguardo terrorizzato.
    Il problema più grande lo aveva avuto Anzu.
    La ragazza, difatti, nel sentirsi dire di portare una sola valigia si era trovata decisamente in difficoltà: così, aveva stipato il contenuto di circa quindici valigie in una.
    Ed era entrato tutto.
    E la valigia si era chiusa.
    Soltanto, sarebbe stato un po' complicato aprirla dopo che Anzu l'aveva passata con una sparachiodi.
    Jonouchi e Shizuka avevano deciso di fare una valigia in due - e, per questo, portarne una grande il doppio.
    Cosa sarebbe cambiato tra il portare una valigia grande invece che due piccole era facilmente intuibile: con una sola valigia grande, la piccola Shizuka avrebbe benissimo potuto far portare anche i suoi bagagli a suo fratello, andando in vacanza senza muovere un dito.
    Fu così che i loschi individui (?), come d'accordo, s'incontrarono dietro un cespuglio della vasta distesa erbosa che circondava l'aeroporto, giungendovi grazie a quel pratico mezzo che era l'autobus.
    Tuttavia, l'intero aeroporto era attorniato da altre siepi, il che rese piuttosto complicato capire quale fosse il cespuglio dell'appuntamento; dopo circa un'ora di girovagare, finalmente, il gruppo riuscì a riunirsi.
    - Allora... - esordì Anzu, a bassa voce: - ... qual è il piano? -.
    - E' notte, nessuno noterà sette persone con delle valigie che salgono abusivamente su un aereo privato in una pista deserta. - spiegò Yugi, serio: - Per questo motivo, ci basterà entrare direttamente dalla pista e salire sull'unico aereo che vedremo. -.
    - Piano semplice e di sicura efficacia... - mormorò Otogi, pensieroso: - ... mi piace! - decise, infine.
    - E' deciso, dunque! - sussurrò Honda: - A questo punto, nessuno può più tornare indietro! -.
    - Io veramente... -
    - No, Ryou! - lo bloccarono subito gli altri.
    In quel momento, Yugi si accorse di qualcosa che non andava: il volto di Jonouchi era preoccupato, ansioso, come se avesse paura di qualcosa.
    - J-Jonouchi...? - si azzardò a chiamarlo il più piccolo, esitante: - ... qualcosa non va? -.
    Il ragazzo biondo tacque per un istante.
    Poi confessò: - ... si tratta di Shizuka. - sussurrò, incapace di guardarlo negli occhi.
    Si mise una mano tra i capelli, l'altra serrata intorno al manico della propria valigia: - Io... io non mi ero accorto... non mi ero reso conto... -.
    - E' vero! - esclamò Anzu, d'un tratto: - Dov'è Shizuka? -.
    - Fatemi uscire! -.
    La voce disperata della ragazza si diffuse nell'aria, immobilizzando all'istante tutti i presenti.
    Con sguardi spaventati, i loro occhi si posarono sulla valigia di Jonouchi, da cui sembrava provenire quella voce...
    - Nii-chan! Fammi uscire! -.
    Silenzio.
    - Hai chiuso tua sorella nella valigia? - chiese Yugi, scioccato.
    - Non me n'ero accorto! - cercò di giustificarsi Jonouchi: - Quando ho visto l'orario, ho messo in valigia le ultime cose rimaste fuori senza badare a cosa fossero e sono corso via di casa... solo sull'autobus mi sono accorto che Shizuka non era con me. -.
    Abbassò lo sguardo, grave: - Soltanto dopo averla chiamata più volte, disperato, ho ricevuto una risposta. -.
    Guardò la valigia che aveva accanto: - Da qui. -.
    - Aiuto! -.
    - Non c'è tempo per liberarla ora! - intervenne Otogi, spiando oltre il cespuglio di un metro per un metro dietro il quale si erano nascosti con tutte le valigie: - I preparativi dell'aereo sono ultimati, dobbiamo correre come non mai in vita nostra per raggiungere il bagagliaio prima che venga chiuso! -.
    Era giunto il momento.
    Mancava meno di un minuto.
    I sei afferrarono le loro valigie - qualcuna contenente abiti, qualcuna libri dell'occulto, qualcuna la propria sorella - e corsero in fretta verso la pista, diretti verso il portellone del grande aereo bianco che si stagliava d'innanzi ai loro occhi.
    In quella calda e afosa notte estiva, dalle nere nubi che coprivano la luna e le stelle, lasciando che solo la luce artificiale del grande aeroporto desse modo di vedere, sei figure sospette percorsero i mille metri della pista in tre quarti d'ora, il rotolare delle ruote delle valigie, le urla di Shizuka e i lamenti di Ryou e Yugi coperti dal rombo del motore dell'aereo.
    A proposito, non è vero che mancava meno di un minuto.
    Una volta giunti al portellone, Honda e Jonouchi presero le valigie di tutti, lanciandole nel bagagliaio e permettendo quindi a tutti di salire senza intralcio.
    Fu così che la valigia di Honda fu lanciata, seguita a ruota da quella di Jonouchi...
    - NII-CHAAAAN! -
    - Ops, scusa, Shizuka! -
    - Nooooo, Shizuka! Come hai potuto farle una cosa simile? Dannato fratello snaturato! -
    ... dalla sacca di Otogi, dalla valigia chiodata di Anzu, dalla valigia di Ryou - che si conficcò in un angolo -, dalla valigia di Yugi e da Yugi.
    Il portellone si stava ormai chiudendo.
    Otogi e Anzu trascinarono Jonouchi e Honda - quest'ultimo che cercava di vendicare il volo di Shizuka - all'interno, appena in tempo.
    Quando finalmente sentì l'aereo muoversi, il gruppo rimase immobile.
    Quando finalmente sentì l'aereo prendere il volo, il gruppo tirò un sospiro di sollievo.
    - Non posso crederci... - sussurrò Anzu, incredula: - ... siamo veramente riusciti ad imbarcarci clandestinamente su un aereo di proprietà di Seto Kaiba? -.
    - Così pare. - disse Ryou, tirando fuori Yugi dalla massa informe di valigie in cui era atterrato: - Anche se continuo a considerarla una pessima idea. -.
    - Nii-chan, perché qui dentro c'è un reggiseno di quinta taglia? -.
    Nel sentire la voce di sua sorella, Jonouchi rabbrividì e si precipitò a liberarla, premurandosi, una volta aperta la valigia, di far sparire l'indumento incriminato e solo dopo constatare se Shizuka stesse bene.
    Dopo pochi minuti - tra l'estrarre Yugi dai bagagli e tirare fuori Shizuka dalla valigia -, i sette ragazzi si misero in cerchio nell'unico spazio non occupato da valigie dell'intero bagagliaio.
    A quanto pare, amavano molto mettersi in cerchio.
    - Che se ne fa Seto di tutte queste valigie? - domandò Anzu, con una punta d'invidia, ripensando a ciò che lei aveva dovuto fare per portare tutto lo stretto necessario.
    - Secondo me, sono tutti macchinari. - disse Otogi, convinto.
    - Come puoi esserne così sicuro? - chiese Yugi, con fare perplesso.
    Il ragazzo dai capelli neri, semplicemente, gli indicò un massiccio cumulo di bagagli, su cui spiccava un adesivo con su scritto: "FRAGILE: Contiene macchinari".
    Silenzio.
    - Che se ne fa Seto di macchinari su una montagna? - fece Shizuka, decisamente confusa - un po' per la vicenda, un po' per l'essere stata sballottolata in una valigia per un paio d'ore.
    - ... Jonouchi... - parlò Anzu, lentamente, voltandosi verso un improvvisamente impallidito colpevole: - ... tu sei proprio sicuro che Seto stia andando in montagna in vacanza? -.
    Silenzio.
    - Certo! - saltò su il ragazzo biondo, stringendo i pugni: - Per quale altro motivo uno come lui dovrebbe smuoversi dalla sua soffice Kaibapoltrona nel suo fresco e areato Kaibastudio? -.
    Silenzio.
    - Hai ragione! - sospirarono tutti i presenti, sollevati.
    - Per un attimo, ho temuto il peggio... - confessò Shizuka, mentre Anzu le dava una pacca sulla spalla per confortarla: - Anch'io... -.
    Fu la voce di Yugi a levarsi al di sopra di quel mormorio: - E adesso che si fa? - chiese.
    - Mmm... - fece Jonouchi, portandosi due dita al mento: - ... attendiamo che Seto atterri! -.
    - E che facciamo mentre attendiamo che Seto atterri? - gli fece eco Honda, nel frattempo andato a curiosare tra i bagagli-macchinari.
    I presenti si scambiarono occhiate dubbiose, indecisi sul da farsi.
    - Giochiamo al gioco dell'oca? - propose Otogi, mettendo subito mano ad un paio della miriade di dadi che pendevano dalla sua sacca.
    - Giochiamo a briscola? - disse invece Yugi.
    - Dormiamo? - fece Shizuka, strofinandosi gli occhi.
    - Cerchiamo di scoprire cosa siano questi macchinari? - intervenne Honda, sbirciando sotto uno dei lenzuoli che coprivano i macchinari più grandi.
    - Ce ne stiamo fermi e immobili in attesa della nostra fine? - pigolò Ryou, terrorizzato.
    - Ci rilassiamo come se fossimo già in vacanza? - suggerì Anzu, guardandosi intorno e vedendo solo valigie.
    - Io ho un'idea migliore... - sorrise sornione Jonouchi, allarmando all'istante tutti quanti.
    - ... che tipo di idea? - osò chiedere Yugi, mentre gli altri gli si stringevano attorno con fare preoccupato.
    Una risatina sinistra.
    Jonouchi.
    Il ragazzo dai capelli biondi estrasse dal nulla due cornamuse e le lanciò ad Honda e Otogi, quasi rischiando di soffocarli o di ficcar loro in un occhio una delle canne.
    Tirò poi fuori un trombone e iniziò a suonare all'impazzata, urlando: - FACCIAMO CASINO! -.

    L'aereo era ormai partito verso la lontana Ingranattura.
    - Nii-sama... - chiese Mokuba, seduto sul sedile accanto a quello del pilota, guardando in direzione di quest'ultimo: - ... ma, esattamente, dove si trova questa Ingranattura? -.
    - Nel luogo in cui ci stiamo recando. - rispose Seto, glaciale, fingendo di guidare l'aereo nonostante il pilota automatico.
    - Capisco. - fece il più piccolo, pensieroso.
    Silenzio.
    - E perché ci stiamo recando in un luogo dal nome tanto osceno? - domandò, colto da un nuovo dubbio.
    - Perché è lì che si trova ciò che cerco. - fu la glaciale risposta del maggiore.
    - ... devi star cercando proprio una bella cosa per trovarla in un luogo chiamato "Ingranattura". - osservò Mokuba, ironico.
    Silenzio.
    - Hai intenzione di comprare anche Ingranattura per cambiarle nome? - fece il minore, alzando un sopracciglio.
    - Non ho nessuna intenzione di far figurare tra le mie proprietà qualcosa che ha o ha avuto un nome tanto ridicolo. - sibilò Seto, lo sguardo inutilmente concentrato sulla guida: - Già il fatto di aver comprato "la villa di Ingranattura" mi irrita, non è il caso di aggiungerci anche quelle quattro palafitte che la circondano. -.
    Mokuba sgranò gli occhi azzurri, sorpreso: - Credevo stessimo andando in montagna! -.
    - E' così, Mokuba. -
    - Ma come possono esserci delle palafitte, in montagna? -
    - Perché tu pensi davvero che gli abitanti di un posto chiamato "Ingranattura" siano persone mentalmente sane o dotate di buon senso e buon gusto? -.
    Silenzio.
    - Hai ragione, nii-sama. - sospirò Mokuba, tornando a guardare l'oscura notte oltre i vetri che aveva d'innanzi.
    C'era qualcosa che lo turbava, però.
    Non riusciva a spiegarsene il motivo, ma si sentiva come se avesse una sorta di peso, come se avesse un prolungato suono nelle orecchie.
    - Nii-sama... - parlò di nuovo, indeciso se esporre o meno il suo dubbio.
    - Dimmi. -.
    Ora che suo fratello aveva dato segno di averlo sentito e lo aveva invitato a parlare, Mokuba non poteva più tirarsi indietro.
    Né avrebbe mai potuto ritrattare.
    Quel "dimmi" era un ordine a parlare, pena la furia di Seto Kaiba.
    Gran brutta cosa...
    - Non senti anche tu uno strano suono? - chiese il più piccolo, cercando di captare meglio quella strana fanfara che sembrava provenire dal retro dell'aereo.
    Silenzio.
    Silenzio rotto soltanto da quel mescolarsi di suoni indistinti, ma senz'altro particolarmente stonati.
    - Sì. - rispose Seto, freddo: - Quando ti dirò che mancano pochi minuti all'atterraggio, prepara il mio fucile a protoni. -.
    Mokuba si voltò verso di lui, sconvolto: - Ma tu non hai un fucile a protoni! -.
    Silenzio.
    - Allora... - riprese il più grande, impassibile: - ... trova qualcosa capace di sostituirlo. -.

    Era quasi l'alba quando l'aereo KaibAirline atterrò alle pendici di Ingranattura.
    Ovviamente, Ingranattura - così come l'intera provincia di Ingranafatturaggio - era sprovvista di qualsivoglia forma di pista d'atterraggio; dunque, Seto fu costretto ad atterrare alle pendici della montagna che KaigleMaps gli aveva indicato come Ingranattura.
    Non appena atterrarono, i fratelli Kaiba scesero immediatamente dall'aereo, il maggiore armato, il minore pronto ad aprire il portellone e scoprire cosa ci fosse al suo interno oltre le valigie.
    - Apri, Mokuba. - ordinò Seto, tenendo puntata la sua arma contro il bagagliaio.
    Il più piccolo annuì, per poi spingere il piccolo telecomando che aveva con sé, accendendo il meccanismo per l'apertura del portellone.
    Man mano che si apriva, la calda luce dell'alba entrava in quello spazio asettico, colmo di valigie, illuminando tutto ciò che si trovava al suo interno...
    - Ma che...? - proruppero i due fratelli, nel ritrovarsi di fronte loro.
    I sette individui erano sparsi per tutto il bagagliaio, impegnati con i più vari strumenti musicali: Anzu e Shizuka, sedute in un angolo su una pila di valigie, facevano suonare l'una un flauto traverso, l'altra un triangolo; Yugi, dall'altra parte, era alle prese con un tamburo grande il doppio di lui; Ryou, accanto al punk tascabile, torturava le corde di un povero violino; Honda e Otogi, arrampicatisi in cima a tutti i bagagli, starnazzavano con delle cornamuse; al centro di tutto, Jonouchi soffiava in un trombone.
    Non appena si accorsero della presenza dei due fratelli Kaiba, i sette ospiti indesiderati trattennero il respiro, lasciando cadere gli strumenti che fino ad un attimo prima stavano suonando.
    - Oh, no! - urlò Jonouchi, mettendosi le mani tra i capelli biondi: - Come hanno fatto a scoprirci? -.
    - E' stata colpa sua! - gridarono subito Honda e Otogi, indicandolo.
    - No! Risparmia la vita di nii-chan! - strillò Shizuka, gettandosi su suo fratello e abbracciandolo con forza.
    - Moriremo tutti! - esclamò Ryou, indietreggiando.
    Anzu e Yugi erano semplicemente ammutoliti.
    - SILENZIO! - tuonò Seto, riportando la quiete all'interno del bagagliaio.
    - ... bene. - disse, con uno strano sorriso sinistro: - Sappiate che sono armato e che la vostra presenza qui non mi aggrada affatto. -.
    Istintivamente, i sette ragazzi guardarono la terribile e spaventosa arma in mano al presidente della Kaiba Corporation: un cucchiaio.
    - ... pensavo ad un fucile a protoni. - confessò Anzu, alzando un sopracciglio, un po' delusa.
    - E' l'unica cosa che ho trovato in grado di poterlo sostituire! - ribatté Mokuba, piccato.
    - Secondo voi... - riprese la parola Seto, riportando il silenzio assoluto: - ... cosa dovrei farvi, adesso? -.
    Silenzio.
    I sette prodi (?) eroi si scambiarono degli sguardi spaventati, indecisi sul da farsi.
    - Beh... - prese la parola Jonouchi, sciogliendosi dall'abbraccio di sua sorella e affidandola ad Anzu: - ... è molto semplice: ci godiamo la vacanza tutti insieme! -.
    Silenzio.
    - Cioè... - tossicchiò il ragazzo biondo, affrettandosi a rettificare: - ... ci godiamo la vacanza noi per conto nostro e voi per conto vostro. -.
    Silenzio.
    - Abbiamo soltanto preso un passaggio, all'aereo non è mica pesato! - protestò Jonouchi, indicando il KaibAirline in cui ancora si trovava.
    - Voi avete usato un mio aereo senza il mio permesso. - parlò Seto, la voce mortalmente calma: - Poco importa cosa ne pensa l'aereo: io non sono affatto felice di vedervi nel mio bagagliaio. -.
    Ad ogni sua parola, ad ogni sua sillaba, i sette clandestini si rannicchiavano, spaventati, l'uno contro l'altro, fissando il loro carnefice con occhi sempre più terrorizzati.
    - Non posso certo permettere che una cosa simile si ripeta. - sibilò il proprietario dell'aereo, facendo un passo in avanti, gli altri che facevano, istintivamente, un passo indietro: - Nessuno può usare una mia cosa senza il mio permesso. Inoltre, il fatto che ciò sia successo non deve uscire dalle mura di questo bagagliaio. -.
    - Ma il bagagliaio non ha le mura! - protestarono Honda e Otogi, per poi zittirsi all'istante non appena videro Seto sguainare il suo cucchiaio.
    - Per questo motivo, devo eliminare ogni prova. -.
    Il presidente della Kaiba Corporation puntò i suoi occhi di ghiaccio sui sette ragazzi: - Voi siete delle prove. -.
    Occhi sgranati, sguardi impauriti.
    Le sette vittime avevano ormai raggiunto la muraglia di valigie, ormai in trappola, di fronte alla più crudele e dolorosa delle fini.
    - L'avevo detto che era una pessima idea! - piagnucolò Ryou, mentre Shizuka si stringeva ad un braccio di suo fratello.
    - Sono troppo giovane per morire! - urlò Otogi, mettendosi le mani tra i capelli.
    Il cucchiaio era sempre più vicino.
    Con un gemito, Shizuka chiuse gli occhi, Anzu era completamente paralizzata, tremante.
    - La forza dell'amicizia ci salverà! - disse quest'ultima, in preda al panico, la voce praticamente impercettibile.
    Sempre più vicino.
    - Sei senza cuore! - esclamò Yugi, caduto a terra per l'improvvisa perdita di forza nelle gambe.
    Quel cucchiaio...
    "Un momento!" si bloccò Seto, l'ombra del cucchiaio sopra i sette malefici viaggiatori abusivi: "Non posso sporcare il bagagliaio del mio aereo con misero sangue plebeo! E, se li facessi uscire, poi dovrei pulire il terreno e far sparire le prove e i cadaveri... i cadaveri... visti quanti ne hanno trovati in quella dannata villa... forse...".
    Improvvisamente, tutto si collegò: pulire, cadaveri, la villa...
    "La villa è abbandonata da anni..." ragionò il presidente della Kaiba Corporation: "... dunque sarà decisamente impolverata. E io non posso certo mettermi a pulire.".
    Guardò le sue sette vittime, ancora tremanti e terrorizzate all'ombra del minaccioso cucchiaio che lui stesso stava brandendo: "E non posso neppure essere io a portare le valigie. Senza contare che qualcuno dovrà pur fare da baby-sitter a Mokuba...".
    - Per il momento, vi risparmio la vita. -.
    Gli sguardi di tutti i presenti furono puntati su di lui.
    - N-nii-sama... - balbettò Mokuba, incredulo.
    - ... eh? - fecero le sette ex-vittime, perplesse.
    - Lavorerete per me. - decise Seto, serio, abbassando il cucchiaio e mettendo le braccia conserte: - Per il momento, porterete le mie valigie e quelle di Mokuba fino ad Ingranattura. -.
    - Ehi! - urlò Jonouchi, alzando un pugno con fare minaccioso, in direzione del suo interlocutore: - Noi non siamo i tuoi schiavi, chiaro? -.
    - Vedila così, mediocre creatura... - rispose l'altro, con una calma inquietante: - O siete miei schiavi, o siete mie vittime. -.
    Silenzio.
    - Quale valigia vuoi che ti porti? - trillarono Honda e Otogi, mettendo subito mano a delle valigie a caso.
    - Sapevo che la forza della nostra grande amicizia ci avrebbe salvat- Ehi! Fate i gentiluomini e lasciate a Shizuka e a me le più leggere! - si interruppe Anzu, strappando dalle mani del dadomane dai ribelli capelli corvini una piccola valigia.
    - Chi ha più forza fisica prenda le più pesanti! - concordò Ryou, cercando di trascinare un'altra valigia.
    Con un evidente disappunto dipinto sul volto, Jonouchi fu costretto a cedere: per quanto odiasse Seto, preferiva portargli le valigie che morire con una cucchiaiata da lui inferta.
    - Ah, ovviamente... - parlò nuovamente il presidente della Kaiba Corporation: - ... dovrete portare anche le vostre valigie. -.
    Senza aspettare alcuna reazione, si voltò con un fruscio della sua lunga giacca bianca, diretto verso quello che sembrava il sentiero per Ingranattura: "Vista la quantità di cadaveri trovati in quella villa, se mai quei sette dovessero darmi fastidio, potrò sempre eliminarli lì.".

    Ingranattura era appollaiata esattamente sulla cima di quella piccola montagna.
    La comitiva procedeva lungo i fianchi scoscesi, in quel sentiero di terra in mezzo ad una fitta vegetazione che quasi impediva alla luce solare di giungere fino al suolo.
    Seto, in testa, percorreva la via con ampie falcate, ormai già lontano dal resto del gruppo.
    Mokuba era rimasto indietro, a sorvegliare i sette portaborse al limite del collasso: Jonouchi, Honda e Otogi, più alti e robusti, portavano circa quattro borse in due mani e tre appese alla schiena; Anzu e Ryou trascinavano tre borse ciascuno; Shizuka e Yugi avevano la prima un grosso zaino e il secondo due grandi valigie.
    - Non ce la faccio più! - boccheggiò Jonouchi, quasi schiumante.
    - Pensa che, almeno, quando arriveremo, alloggeremo in un albergo a cinque stelle! - ansimò Otogi, con gli occhi quasi fuori dalle orbite: - Ti pare che Seto non abbia prenotato il più lussuoso degli alberghi? -.
    - E avremo la nostra vacanza! - sospirò Anzu, le braccia che le dolevano come se stessero per staccarsi.
    - Già! - fecero gli altri, in un coro rassegnato, procedendo in quella difficile salita con mille tonnellate ciascuno.
    "Albergo a cinque stelle?" ripeté Mokuba, tra sé e sé, osservando i sette ragazzi: - Non alloggeremo in un albergo a cinque stelle. - intervenne, attirando l'attenzione di tutti i presenti.
    - ... cosa? - quasi soffocò Jonouchi, sgranando gli occhi.
    - Alloggeremo in una villa. - spiegò il più piccolo, tranquillo: - Un'antica villa. -.
    I sette si scambiarono degli sguardi confusi, per poi trarre un sospiro di sollievo.
    - Oh, una di quelle ville trasformate in alberghi! - esclamò Anzu, gli occhi che le brillavano: - Hanno un fascino particolare! -.
    "Dalle foto che ho visto, non mi sembrava così lussuosa..." meditò Mokuba, ripensando alle immagini che suo fratello gli aveva mostrato prima di partire: "... sembrava più abbandonata da secoli.".

    Ingranattura.
    Finalmente, i Nove Compagni - ehm, i Nove Viandanti...
    Uffa, i nove.
    I nove erano giunti, finalmente, alla meta del loro viaggio, il luogo della loro vacanza.
    Ingranattura.
    Costruito su una collina, il paese sembrava quasi innalzarsi in direzione della grande casa sulla cima.
    Strade sterrate scure, come se la terra si fosse mischiata a della cenere, qualche spiazzo di erba gialla, quasi marroncina, le case basse, dalle pareti bianco sporco, color canapa o color lapide, i tetti di varie gradazioni di grigio, alcuni muretti bassi con pietre a vista, uno strato di nebbia che trasformava la luce di una giornata estiva nella penombra di una serata autunnale/invernale.
    Alle porte del paese, il cartello di legno marcio e rovinato dall'umidità oscillava lentamente, accompagnato da uno scricchiolio metallico.
    "Benvenuti ad Ingranattura".
    - ... cos'è questo posto? - gemette Anzu, facendo cadere di colpo le valigie che portava.
    - ... Ingranattura. - lesse timidamente Yugi, altrettando sconvolto.
    "E' diverso da come appariva in foto..." notò Seto, guardandosi intorno: "... è infinitamente peggio.".
    Mokuba, dal canto suo, era rimasto imbambolato ad osservare le piccole costruzioni, perplesso: - ... ma non ci sono palafitte! - mormorò.
    - ... questo non è il luogo ideale per delle vacanze... - disse Jonouchi, con voce soffocata, gli occhi completamente sgranati.
    Shizuka lo abbracciò, tremante: - Questo posto mette i brividi... sembra uscito da un film horror! -.
    - Che gusti orrendi nella scelta della meta per le vacanze! - commentò Otogi, alzando un sopracciglio, con disappunto.
    - Non sapevo che Seto avesse questa passione per i film horror... - gli fece eco Honda, cercando una qualche forma di vita per le strade.
    Seto li ignorò completamente.
    Senza proferire parola, si avviò con passo deciso verso un piccolo edificio simile ad una catapecchia, non troppo dissimile da quelli che lo circondavano; un'insegna ammuffita e cigolante come quella all'ingresso del paese lo identificava come locanda.
    - Ma dare un po' d'olio no, eh? - fece Jonouchi, lanciando un'occhiataccia all'insegna.
    - Nii-sama! - chiamò Mokuba, raggiungendo suo fratello: - Dove stai andando? -.
    - A prendere le chiavi della villa. - rispose Seto, piatto: - Quando l'ho comprata, mi è stato detto che mi sarebbero state consegnate dalla proprietaria di questa locanda. -.
    I sette portaborse, senza neppure accorgersene, avevano seguito i due fratelli Kaiba fino all'entrata della piccola costruzione, stretti l'un l'altro, studiando attentamente ogni anfratto di quella sottospecie di città fantasma.
    - E' stata una pessima idea... - pigolò Ryou, lo sguardo fisso in un punto non troppo lontano, su fontana di pietra scura, in cui non scorreva neppure una goccia d'acqua: - ... anche se tutto ciò è piuttosto interessante... -.
    - Il mare me lo posso scordare... - sospirò Anzu, sconfortata.
    Alzò lo sguardo, rassegnandosi definitivamente alla vista della coltre nebbiosa: - ... così come il sole. -.
    - Che razza di agenzia ha scelto, Seto? - si chiese Honda, perplesso.
    - Un posto del genere non lo trovi per caso su Internet. - disse Otogi, crucciato: - Seto l'ha proprio cercato con attenzione. -.
    - Se trovo chi gli ha regalato troppi libri o dvd horror... - ringhiò Jonouchi, il rumore dell'insegna che lo stava irritando più dell'ambiente circostante.
    - Nii-chan... - gemette Shizuka, con un tremito: - Non... non ci sono f... fant... fantasmi, qui... ve-vero? - balbettò, i suoi occhi color nocciola colmi di terrore fissi in quelli di suo fratello.
    Quest'ultimo parve tornare in sé e, con un sorriso, accarezzò la testa di sua sorella: - Non ti preoccupare, i fantasmi non esistono. - la rassicurò.
    Piegò un braccio, gonfiando un bicipite: - E, se per caso qualcuno volesse farsi avanti, lo sistemerò io! - esclamò, deciso.
    Shizuka sorrise, per non dispiacerlo, nonostante non fosse minimamente rincuorata.
    - Mi chiedo che razza di villa sia quella in cui alloggeremo... - mormorò Yugi, con un brutto presentimento.
    Istintivamente, come una sola persona, i sette ragazzi alzarono lo sguardo verso la cupa villa sulla cima di Ingranattura: circondata da un alto cancello nero, con un giardino grande quasi la metà del paese stesso, una maestosa villa si innalzava sul punto più alto della piccola montagna, una macchia scura nella nebbia che avvolgeva Ingranattura.
    Dalla sua posizione, lo sguardo di Otogi diretto verso la villa era stato parzialmente bloccato dall'insegna della locanda in cui era entrato Seto.
    - "Harpy Grandma"? - lesse ad alta voce, perplesso: - Chi è che chiamerebbe una locanda "Nonna Arpia"? -.

    Edited by Soe Mame - 1/11/2019, 16:12
     
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